Pierluigi Antonelli

Nonostante la fase di crisi che l'industria farmaceutica sta affrontando, che ha determinato un calo degli addetti del 13% dal 2006 al 2011 (dati Farmindustria), a questo settore viene costantemente richiesto impegno e sviluppo per la competitività dell'Italia.
Come può dunque questo settore prepararsi ad invertire la tendenza di fronte all'attuale scenario, impostando piani di sviluppo e crescita di competitività?
Ne parliamo col dott. Antonelli, Presidente e Amministratore Delegato di MSD Italia, e chairman dello IAPG (Italian American Pharmaceutical Group).

D: Quali sono secondo lei oggi i driver della competitività per le aziende farmaceutiche nei prossimi 5-10 anni?

Il driver principale della competitività rimane l'innovazione: all'interno di regole che sono sempre più stringenti dal punto di vista regolatorio, è necessario identificare farmaci significativamente migliori rispetto a quelli esistenti poiché per i prodotti me too non vi è più spazio di crescita.

Inoltre, da analisi sui profit pools del settore emerge come per le aziende di maggiore taglia sarà interessante esplorare seriamente la possibilità di sviluppare business in aree adiacenti al farmaceutico, soprattutto quella dei servizi. Lo spostamento del focus dal prodotto alla terapia risulta una strategia vincente nella combinazione di prodotto con diagnostica e servizi, creando una proposta di valore che il payor è disposto a riconoscere e pagare: un esempio concreto è "Doctor Plus", il servizio di tele-monitoraggio che MSD Italia offre alle istituzioni sanitarie.

D: Come devono cambiare le aziende farmaceutiche per adeguarsi ai cambiamenti dello scenario? Quali sono le figure professionali necessarie per fronteggiare questa fase?

Si è visto negli ultimi anni la crescita di importanza di quanti lavorano nell'accesso, sia quanti lavorano nel tecnology assessment, sia nel pricing, sia quelli che io chiamo i regional access managers che devono aver dietro una struttura aziendale che sviluppi una serie di analisi rigorose che dimostrino l'unicità del prodotto e il suo valore per il payor. È fondamentale in questa fase focalizzarsi sulla differenziazione, dimostrando il valore aggiunto del proprio prodotto e che il rapporto costo/beneficio giustifica il prezzo che payor deve pagare.

Inoltre, penso ci sia spazio per figure professionali che, attraverso la multicanalità, abbiano la capacità sviluppare nuovi servizi, da affiancare all'informazione medico-scientifica, con soluzioni intelligenti e a basso costo, ma soprattutto efficienti affinché il medico e il payor possano giovarsene al meglio.

D: Come evolverà nei prossimi anni l'informazione scientifica? Quali saranno i fattori qualitativi e organizzativi che ne domineranno l'evoluzione?

La competenza scientifica, la correttezza professionale e la capacità di vendere il valore sono e rimarranno gli elementi chiave per un'efficace informazione scientifica. All'informazione scientifica classica andrà poi affiancata un'offerta di servizi all'avanguardia, agevolare la formazione del medico, fare leva sulla multicanalità. Msd ha sviluppato a tale scopo il sito Univadis, attraverso il quale oltre 118.000 medici registrati possono acquisire ogni tipo di informazione in merito alle diverse patologie.

Recentemente, inoltre, abbiamo lanciato App nel disease management, per specifiche patologie, con criteri di appropriatezza nell'utilizzo di vari farmaci, ad esempio nell'equilibrio cardiovascolare e metabolico, nonché nell'epatite C. Per fronteggiare la contrazione delle risorse per Congressi ed eventi residenziali ECM, forniamo inoltre aggiornamento via Web, con la possibilità di interloquire via web cast con key opinion leaders, in orari e con modalità più consoni per chi svolge la professione medica.

D: In questo scenario c'è ancora spazio per la ricerca in Italia? Quali misure ritiene necessarie per sostenerla?

La ricerca non si può fare in un paese che non abbia un livello di attrattività minimo. A seguito delle varie misure che si sono susseguite, con la spending review del Governo Monti, per non parlare dell'ultima col decreto Balduzzi, l'Italia ha raggiunto il fondo in termini di livello di attrattività. In questo scenario, sarà sempre più complicato fare ricerca e mantenere il livello di investimenti delle multinazionali in questo paese. Un vero peccato, perché ci sono dei centri di eccellenza straordinari in questo paese, con competenze molto forti; tuttavia necessitiamo di regole certe che rimangano stabili almeno nel medio termine, 3 anni. È necessario che alla farmaceutica sia riconosciuto il ruolo e la dignità di settore industriale fondamentale per lo sviluppo, altrimenti sarà impensabile competere con paesi del BRICS, piuttosto che con nazioni come la Germania e la Francia che fanno di tutto per attrarre la ricerca.

D: Quali sono dunque le richieste al Governo per l'industria farmaceutica?

Chiediamo certezza delle regole per poter mantenere gli investimenti in Italia, il mantenimento dunque dello status quo normativo almeno su base triennale, sia su base nazionale sia regionale, considerando che a livello regionale vi è oggi una frammentazione insostenibile. Chiediamo inoltre che l'industria farmaceutica partecipi alla definizione delle politiche industriali, in qualità di parte attiva nel definire piattaforme sostenibili. Che sia riconosciuto un ruolo bilanciato tra i soggetti istituzionali, ridando valore al Ministero dello Sviluppo Economico, poiché la farmaceutica ritrovi dignità di settore che crea valore, come dimostrato dalle rilevazioni Farmindustria, con 12,5 Mld di valore aggiunto, tra stipendi, contributi, investimenti in ricerca e sviluppo, tasse pagate, a fronte di una spesa farmaceutica di 12,2 Mld, sia considerando la spesa ospedaliera sia quella territoriale, cui si aggiungono 15 Mld di export.

Chiediamo poi condizioni di accesso che siano adeguate per l'innovazione, diversamente da oggi. I tempi sono molto lunghi sia a livello nazionale, sia regionale, con condizioni di prezzo e rimborsabilità di gran lunga peggiori rispetto alla media europea. Inoltre, i risparmi generati dalle scadenze di brevetto dovrebbero essere usati per l'innovazione. Al contrario, al momento, oltre ai tetti sulla spesa territoriale e ospedaliera, che sono un caso unico nel mondo per cui per legge abbiamo una decrescita fissata, abbiamo un tetto individuale per qualunque prodotto lanciato sul mercato, fissato non su criteri di epidemiologia come avviene in Francia, bensì su puri criteri economici.

Infine, ma non per importanza secondaria, chiediamo il rispetto della tutela brevettuale.

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