Roma, 25 marzo 2008
La confidenzialità e l'integrità del processo di peer-review, cioè l'analisi da parte degli scienziati dei risultati di trial clinici, vincono sugli interessi industriali. Almeno negli Stati Uniti, dove nei giorni scorsi il Giudice di Chicago Arlander Keys ha respinto la richiesta del colosso farmaceutico Pfizer di entrare in possesso di alcuni dati relativi ai suoi medicinali antinfiammatori Bextra (valdecoxib) e Celebrex (celecoxib). Informazioni che erano state oggetto di scambio e di discussione fra studiosi arruolati per valutarne i profili di rischio e beneficio. Nella causa è stata coinvolta anche un'altra testata, il New England Journal of Medicine, su cui il magistrato deciderà a breve il da farsi. Pfizer - ricorda il Wall Street Journal - aveva citato in giudizio Jama e Nejm lo scorso anno per ottenere dati utili a 'difendersi' dalle migliaia di cause penali intentate da pazienti danneggiati per l'uso dei prodotti. Bextra è stato infatti ritirato dal mercato per un aumentato rischio di infarto e ictus, mentre Celebrex è ancora in commercio ma è l'ultimo dei farmaci appartenenti alla classe degli inibitori della COX-2 a sopravvivere sugli scaffali. Della vicenda si parla anche su un editoriale che appare online sullo stesso JAMA a firma del caporedattore Catherine DeAngelis e del suo consulente Joseph Thornton. Commentando la sentenza del giudice Keys, DeAngelis dice: ""siamo lieti della sua decisione. Si tratta di una vicenda che stava minacciando seriamente l'integrità del processo di peer-review. Non sono a conoscenza di situazioni precedenti in cui un'azienda farmaceutica abbia portato in tribunale una rivista scientifica. Noi abbiamo il compito di mantenere la confidenzialità del lavoro degli esaminatori, cosicché questi esperti indipendenti possano lavorare in un ambiente libero. Rendere disponibili i documenti richiesti da Pfizer, pur senza nomi e cognomi degli autori, avrebbe compromesso il rapporto di fiducia che vige fra tutti coloro che lavorano per Jama"". Pfizer risponde in una nota che non aveva intenzione ""di interferire nel processo di peer-review, ma solamente di voler consultare le informazioni inviate dalla rivista agli autori, senza dettagli sull'identità degli stessi"".
Fonte
Adnkronos Salute