Roma, 23 febbraio 2006


Ridurre gli investimenti delle aziende farmaceutiche dedicati alla rete degli informatori medico-scientifici, che oggi rappresenta circa un terzo sul totale degli investimenti, a favore di un aumento di quelli in Ricerca e sviluppo. È quanto auspica Farmindustria. “Un obiettivo da raggiungere nel tempo”, spiega Sergio Dompè, presidente dell'associazione degli industriali del farmaco, che riconosce: “L'Italia ha il più alto numero di medici in Europa, e quindi un elevato numero di informatori, necessari a fornire un servizio di informazione da parte dell'industria”. “Nonostante questo alto numero di informatori, però - spiega Dompè - non solo non si è avuto come conseguenza un aumento dei consumi di farmaci da parte dei cittadini, ma anche grazie ai medici italiani si è arrivati a una spesa farmaceutica pro-capite, nel nostro Paese, di circa 207 euro, contro i 300 di altri Paesi euroepi, inferiore quindi del 30% rispetto alla media UE. Non solo: abbiamo sia sul PIL, sia sulla spesa sanitaria totale la percentuale più virtuosa di tutt'Europa”. Secondo Dompè, dunque, non è fondamentale la quantità degli informatori quanto la qualità. E in proposito ricorda: “Le industrie italiane si sono date uno dei codici deontologici più severi in Europa, abbiamo ispezioni da parte di società esterne di certificazione per l'attività delle aziende e, a partire dal 2005, tutte quelle aderenti a Farmindustria sono certificate per l'attività di informazione medico-scientifica. Ciò non vuol dire che questo ci garantisce da irregolarità, perché - aggiunge Dompè - nel nostro Paese abbiamo troppe leggi e pochi controlli. Verifiche corrette e trasparenti sono sempre le benvenute - conclude il presidente di Farmindustria - e quando si scopre inevitabilmente che ci sono cose che non funzionano devono essere punite con la massima severità. Ma dal singolo caso di irregolarità, non si può fare di tutt'erba un fascio”.


Fonte
Adnkronos Salute

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